Islanda del sud: il mio itinerario di viaggio (parte 1)

itinerario di viaggio in islanda

di Lorenzo Orlando

 

Ho visitato l’Islanda a settembre 2019: un viaggio sognato da anni e vissuto intensamente dalla prima all’ultima boccata d’aria all’ultimo momento di luce ma che, una volta tornato, a causa dei mille impegni lavorativi e degli arretrati accumulati per queste ferie fuoristagione, non ho potuto celebrare e raccontare come si deve, come mi ero promesso di fare.

Viaggio in Islanda

Durante gli ultimi mesi e, in particolare, durante il periodo di lockdown che ha stravolto le nostre vite, tra un’ansia ed un’altra, ho ripensato mille volte agli sconfinati spazi di quest’isola così apparentemente lontana da tutto, indelebilmente segnata da ghiaccio e fuoco (“luogo comune” decisamente veritiero), esposta ai gelidi venti nord-oceanici ma in realtà estremamente piena di vita, luce e tanta, tantissima natura.

Islanda panorama
Islanda -L’immensità del RHgfiiskisjisjihason (Scherzo)

Durante il mio viaggio ho tenuto un piccolo diario per tenere traccia di percorsi, nomi, leggende e piccoli consigli utili a chi vuole pianificare un viaggio in Islanda. Ho scritto talmente tanto che, alla fine, non ho avuto modo di rimetterci mano, almeno fino ad oggi.

Quello che segue, dunque, non è altro che il primo appuntamento con il mio personalissimo racconto di  un viaggio di pochi giorni in un luogo meraviglioso, che nella mia mente avevo già percorso mille volte, e che ha saputo stupirmi oltre mia possibile previsione.

Si parte per la Ring Road!

Arrivo in Islanda: da Keflavík a Hella

Dopo un breve scalo di 8 ore all’aeroporto di Barcellona, io e la mia allegra brigata multietnica atterriamo all’aeroporto di Keflavík alle 11 di sera. Abbiamo cominciato a pianificare il viaggio in 7, alla fine siamo effettivamente solo in 4: Paul  (italo-americano), Anneke (una ragazza metà olandese metà argentina), Niall (irlandese) e un siciliano (io). Tranne me, tutti gli altri vivono in Spagna. Sulle prime, non c’ho capito una mazza.

Appena fuori dall’aereo la temperatura è fredda, quasi gelata: a memoria, direi, non più di 4 gradi. Il contrasto con le ancora calde temperature italiane o spagnole è implacabile, così la prima tappa tattica ha luogo già in aeroporto. Ci armiamo subito di maglie, felpe, piumini e guanti che sanno ancora di naftalina. Una volta fuori, una navetta ci accompagna ad un’altra area del terminal dove ritirare l’auto che abbiamo noleggiato. Neanche mezz’ora dopo sto già seduto smanettando sul navigatore per puntare dritti alla guesthouse mentre Paul prende confidenza con la guida della nostra fidata Dacia Duster.

Devo essere onesto, la Dacia Duster mi manca un casino.

L’aeroporto di Keflavík si trova a circa 50 km a sud dalla Capitale, mentre la guesthouse Kaldbakur dove dormiremo le prime due notti è letteralmente dispersa nel nulla tra i campi dalle parti del paesino di Hella, a un’oretta di macchina ad est Rejkiaivik.

Percorriamo i primi chilometri in Islanda immersi nel buio. Il cielo è sereno, sgombro di nuvole e pieno di stelle. Sembra la notte perfetta per provare a vedere l’aurora boreale, che in questo periodo dell’anno ha appena ricominciato a illuminare le notti del nord. A tratti sembra quasi di intravederla, o confonderla con un po’ di umidità che sale verso il cielo, o forse è solo la suggestione. Sarebbe stato proprio il caso di approfittarne e provare ad aspettare le fantomatiche “Northen Lights” ma, come ho già detto, il freddo era quasi bloccante, e il viaggio ci ha stremato. Decidiamo di andare a dormire. Ci sarà tempo per andare a caccia di Aurore. (SPOILER: no, non ci sarà).

Il nostro itinerario di viaggio in Islanda

Nel pianificare questo viaggio ho letto diverse guide che suggeriscono i possibili percorsi per ottimizzare il tempo, i percorsi e visitare il maggior numero di attrazioni possibili. Per la mia esperienza personale (per quanto esistano persone che potranno dire il contrario) credo che un itinerario completo dell’isola non possa prevedere meno di 15/20 giorni di viaggio, con spostamenti continui per trascorrere le notti.

Dato il numero limitato di giorni a nostra disposizione, il nostro itinerario si limita alla visita della zona a sud dell’Islanda, lungo la via che si snoda da Rejkiaivik verso est, per quasi 500 km fino a Stokksnes trascorrendo al massimo due notti nella stessa location, visitando diverse attrazioni naturali per poi tornare indietro a Rejkiaivik e attraversare parte del “Golden Circle”, un percorso turistico a nord della capitale.

Islanda natura
Islanda natura

Praticamente tutti gli itinerari turistici in Islanda prevedono di percorrere la Route 1, una “super strada” ad unica carreggiata e doppio senso di circolazione da percorrere alla categorica velocità massima di 90 km/h. Nota anche come “Ring Road” per la sua caratteristica forma ad anello, la strada si sviluppa quasi interamente lungo la costa dell’intera isola, attraversando diversi centri abitati e sfiorando alcune tra le attrazioni principali.

Spesso è necessario deviare dalla strada principale per tuffarsi in strade secondarie (non sempre asfaltate, spesso a malapena distinguibili) aperte solo certi periodi dell’anno e solo a vetture adeguate (SUV, 4×4 e simili). Spesso è necessario abbandonare l’auto e lanciarsi in lunghe escursioni a piedi alla scoperta di parchi, spiagge, fiumi, ghiacciai e crateri. Inutile dire che servono scarpe da trekking “alte”, comode e impermeabili. Spoiler n° 2: io non l’ho fatto, o meglio, non del tutto, come vi racconterò in seguito.

 

Giorno 1: Da Hella a Vik

Finalmente ci svegliamo in Islanda.

Per le nostre prime due notti abbiamo prenotato una stanza quadrupla con bagno privato in una caratteristica guesthouse con più camere e diversi spazi in comune (cucina, salone, area lettura). Le camere a fianco sono popolate da comitive di giapponesi. Sono solo i primi dei tanti che incontreremo durante tutta la settimana, praticamente ovunque ci fermassimo.

Non abbiamo nulla da mangiare così ci fermiamo in un bar/ristorante nel paesino di Hella dove facciamo il pieno di uova fritte, pane tostato e Skyr, il famoso “yogurt” iperproteico islandese. Lì vicino notiamo un supermercato e ne approfittiamo subito per fare una rapida spesa comune a base di frutta secca, barrette, mirtilli, pane e schifezze di vario tipo.

islanda vik arcobaleno
Chiesetta di Vik con arcobaleno

Il nostro programma originale che prevedeva la riserva di Fjallabak viene subito stravolto dall’arrivo della pioggia che da qualche minuto comincia ad abbattersi su di noi. È solo il preludio di quella che si rileverà essere una delle giornate più tipicamente “islandesi” di tutto il viaggio.

Decidiamo dunque di imboccare la Ring Road verso est per visitare alcune cascate, il ghiacciaio e spingerci fino alla famosa spiaggia nera di Reynisfjara, nei dintorni di Vik, rinviando la visita alla riserva di Fjallabak al giorno dopo. Questa variazione ci obbligherà a percorrere avanti e indietro più volte lo stesso tratto di Ring Road ma, data la spettacolarità del posto, alla fine non sarà affatto un male.

 

Cascata Seljalandsfoss

Percorrere la Ring Road sotto la pioggia è un’esperienza da ricordare: tra l’acqua che cade impetuosa e la nebbia che circonda e nasconde fattorie, case, colline e l’orizzonte, emergono all’improvviso montagne e altopiani, pareti di roccia nere e verdi, colate di lava ricoperte di muschio fosforescente, cascate che nascono dal nulla e corrono verso l’oceano, incessanti. Lungo la strada si intravedono solo poche case isolate circondate da cortili, recinti decine di cavalli che corrono liberi e centinaia di pecorelle sparse qua e là, un po’ ovunque. Il silenzio intorno a noi appare surreale ed è interrotto solo dalle forti raffiche di vento che continuano a picchiare sulla macchina. Così, all’improvviso, raggiungiamo la prima delle cascate che di oggi: Seljalandsfoss.

Alta circa 60 metri, Seljalandsfoss è una cascata piuttosto famosa dell’isola, anche grazie alla relativa vicinanza con la capitale.

Pe visitare la cascata si può parcheggiare nell’area di sosta vicina (a pagamento, come molte altre aree parcheggio nei pressi delle aree di maggior interesse turistico). Sul luogo sono presenti anche i servizi igienici (che da adesso in poi chiameremo WC così evito ogni volta di dover trovare un sinonimo non cacofonico), una piccola bottega di souvenir e un camper per il ristoro dove assaggiare dei prodotti da forno (a esser sincero non indimenticabili), provare la zuppa del giorno e bere un immancabile, lunghissimo caffè (piacevole, considerato il meteo). I prezzi sono altini, ma nulla di drammatico.

Ciò che distingue questa cascata dalle altre è la possibilità di poterla “attraversare” grazie ad un piccolo umidiccio sentiero laterale che consente di ritrovarsi letteralmente dall’altra parte della parete d’acqua, in una sorta di grotta, letteralmente circondati da tanti piccoli pezzi di arcobaleno generato dall’incontro tra luce e acqua.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ovviamente, tra pioggia, acqua della cascata, pareti gocciolanti e vento, la doccia è assicurata.

È fondamentale, quindi, presentarsi armati di tutti gli strati impermeabili possibili. Chi non ha fretta può proseguire a piedi per un ulteriore sentiero lungo qualche decina di metri che consente di visitare un’altra decina di cascatelle che cascano dalla stessa parete di roccia. Trascorsa una mezzoretta ci rimettiamo in marcia.

 

Cascata Skógafoss

A poco più di un quarto d’ora d’auto si raggiunge Skógafoss una seconda e imponente cascata, anch’essa molto famosa anche grazie a certe pubblicità in onda in Italia.

Decisamente più imponente della prima, Skógafoss è originata dal fiume Skógaá che proviene direttamente dal ghiacciaio Eyjafjallajökull.
Anche qui la doccia è una certezza, ma considerata la pioggia incessante che ci bagna oramai dalla mattina, non fa quasi differenza.

Islanda cascata Skógafoss
Islanda cascata Skógafoss

Oltre a visitare la cascata dal basso è possibile risalire una scalinata in ferro di appena 700 gradini che permette di portarsi fino al salto e oltre il livello del fiume. Una volta lì è anche possibile avventurarsi nella valle che costeggia il fiume, verso l’infinito e oltre, rigorosamente a piedi.

Islanda cascata Skógafoss
Islanda cascata Skógafoss

Tornati alla macchina, cominciamo a prendere confidenza con il famosissimo clima islandese, capace di variare completamente nel giro di pochi minuti. Cessata la pioggia, il cielo si rasserena e le nuvole dense della mattina lasciano il posto al cielo sereno accompagnato da un vento fortissimo. Ottimisti, ci incamminiamo verso Vik.

Lungo la strada incontriamo tantissimi ruscelli, fiumi, distese di magma e muschi. Il colpo d’occhio è potente, le tappe per scattare qualche foto frequentissime.

 

Il Ghiacciaio Sólheimajökull

Sulla strada per Vik decidiamo per una piccola deviazione verso una delle lingue del ghiacciaio Sólheimajökull. Dopo aver percorso una strada in parte asfaltata e in parte sterrata, immersa nelle delicatissime dune di terra vulcanica islandese ricoperta di muschi e licheni (la cui descrizione richiederebbe un intero capitolo a parte) giungiamo in un ampio parcheggio libero che fiancheggiano un centro informazioni e un piccolo museo che fa anche da base e punto di partenza per visite guidate al ghiacciaio.

Viandante sul Sólheimajökul 2
Viandante sul Sólheimajökul

Da lì proseguiamo a piedi per un centinaio di metri e ci troviamo esattamente nel punto in cui il ghiacciaio si scioglie dando origine a iceberg, un piccolo lago e un piccolo torrente che scorre tra la sabbia nera. Il clima cambia nuovamente e ricomincia a piovere. I colori prevalenti vanno dall’azzurro al grigio scuro e al nero. La temperatura, così vicini al ghiacciaio, è di qualche grado sottozero ma tutto sommato non si soffre.


 

La nostra visita si limita alla spiaggia e a pochi passi in mezzo ai piccoli corridoi tra le pareti di ghiaccio ma, volendo, è possibile avventurarsi sin sopra il ghiacciaio attraverso sentieri e scalinate preparate ad hoc.

Il Ghiacciaio Sólheimajökull
Il Ghiacciaio Sólheimajökull

Ovviamente consiglio di avventurarsi solo se si è arrampicatori esperti e si è muniti di adeguata attrezzatura, onde evitare una morte atroce e fredda. La zona è inoltre ricca di grotte di ghiaccio che è possibile visitare solo d’inverno e accompagnati da guide ufficiali. Non potendo usufruire di questa opzione rimaniamo a contemplare il ghiacciaio qualche minuto e riprendiamo la strada per Vik.

 

Vik e la spiaggia nera di Reynisfjara

Il viaggio che ci porta a Vik continua all’insegna dalla variabilità del clima, che cambia di continuo. Sereno, pioggia, vento, sole. A un certo punto, all’improvviso, grandina. Quando smette il vento comincia a soffiare a più di 100 Km/h. Lungo la strada notiamo qualche furgoncino ribaltato. La nostra fida Dacia Duster non fa una piega, ma si va molto piano.

La chiesetta di Vik
La chiesetta di Vik

La tappa di Vik è giusto una toccata e fuga per fare rifornimento. Raggiungiamo la chiesetta di legno bianco che sovrasta il paesino dall’alto, giusto il tempo per una foto panoramica (dribblando giapponesi). Ci rimettiamo subito in marcia stavolta in senso inverso, per riprendere la via di casa, puntando però alla spiaggia nera di Reynisfjara, famosa per i suoi faraglioni e per le colonne di basalto.

Pur visibile da Vik, la spiaggia non è però direttamente raggiungibile. È infatti necessario ripercorrere la Ringo Road e deviare per una strada secondaria per una ventina di chilometri. Una volta arrivati sulla spiaggia troverete un parcheggio libero, un ristorante/bar dove fare una pausa e, se clienti, usufruire gratuitamente del wc (cosa non scontata e non gratuita sul resto dell’isola).

La spiaggia Reynisfjara è ricca di storia e leggende, e non a caso è stata location di videoclip musicali, film, videogiochi e addirittura cartoni animati (Elsa di Frozen ne sa qualcosa) e, al netto dei tantissimi turisti che l’affollano, è un luogo davvero magico.

 


 

 

 

 

 

 

 

Il contrasto tra la schiuma bianca delle onde dell’oceano, lo scroscio dell’acqua che sposta i ciottoli, i colori del cielo variabili tra l’azzurro e il grigio, la forza e il rumore del vento… è davvero qualcosa di indescrivibile.

A qualche decina di metri dalla riva si scagliano i famosi faraglioni, che sembrano quasi strappare pezzi di cielo dall’orizzonte. L’origine vulcanica del sito è testimoniata anche dalla parete di colonne in basalto sulla sinistra. La bellezza del posto fa di questo sito uno dei più visitati dell’isola, per questo la quantità di turisti impegnati ad arrampicarsi e a scattarsi il selfie della vita è quasi fastidioso e, in generale, sembra poco rispettoso del delicato equilibrio uomo-natura che in alcuni casi occorre rispettare.

Islanda Le colonne di basalto a Reynisfjara
Islanda Le colonne di basalto a Reynisfjara

Questa spiaggia, infatti, è anche una delle più pericolose della zona a causa delle forti onde che, all’improvviso, possono travolgere i turisti meno previdenti che si sono spinti troppo in là. Non è finita sempre bene, purtroppo.

Sempre dalla spiaggia, stavolta sulla destra, è possibile scrutare l’ultima tappa di questa prima indimenticabile giornata islandese: Dyrhólaey

 

Dyrhólaey

L’imponente arco naturale di Dyrhólaey dista circa 20 km dalla spiaggia di Reynisfjara, ripercorrendo per un breve tratto la Ring Road per ributtarsi subito su una strada secondaria che a un certo punto diventa sterrata. La strada è impervia, stretta, in salita (non a caso l’accesso è consentito solo a mezzi 4×4) ed esposta al vento, sempre più forte. Raggiungiamo così l’omonimo faro che domina sulla vallata circostante.

Islanda Arco di Dyrhólaey

Dyrhólaey è una penisola di origine vulcanica. Al suo interno è presente un gigantesco arco di lava nera e, tutto intorno, è costellato di altri faraglioni più piccoli. Dall’alto, l’arco di Dyrhólaey appare imponente, molto più grande di come sembrasse da lontano, e domina su una vallata immensa dove spiaggia, fiumi, creste di montagna in lontananza si perdono per chilometri.

Nel frattempo, però, il vento diventa quasi insopportabile e ci sposta, letteralmente. Procediamo aggrappati alle corde passamano, la mia amica Anneke (che peserà sì e no 40 kg) quasi casca a terra. Il vento ci strapperebbe il cellulare dalla mano.

Ritorniamo alla macchina quasi con fatica e ripercorriamo in senso inverso i 90 km percorsi oggi, ricercando con gli occhi i contorni sfumati delle cascate che nascono dai monti che ci circondano e godendo dell’incredibile colore del tramonto. Ricomincia a piovere e smette almeno un altro paio di volte.

islanda arco naturale di Dyrhólaey da lontano
Arco di Dyrhólaey da lontano

Torniamo alla guesthouse giusto in tempo per mettere la spesa nel frigo e cenare con un tramezzino e una barretta proteica. I miei amici stramazzano sul letto. Io mi trovo un angolino sul divano nella sala comune per poter buttare giù gli appunti di oggi. Il cielo è coperto, anche stasera niente Northen Lights. In fondo alla sala quattro ragazze giapponesi mangiano una cheesecake.

Haltu áfram (Continua qui…)

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